Commercio e scambi monetari tra l’Impero Romano e l’India

L’Impero Romano intratteneva importanti rapporti commerciali con il continente asiatico. Plinio scrisse che l’Impero importava beni di lusso dall’India, dalla Cina e dall’Arabia per 100 milioni di sesterzi all’anno; la metà di questa cifra prendeva la via dell’India. Questo generò un grande flusso di monete romane d’oro e d’argento verso il subcontinente indiano; ovviamente i sistemi monetari di Roma e degli stati indiani erano diversi, quindi il metallo prezioso era scambiato a peso e non in base al valore nominale.
Si è giunti alla conclusione che il flusso di monete romane verso l’India iniziò solo nel periodo flavio e continuò per tutta la prima metà del II secolo d.C.. Dai territori dell’Impero partivano perlopiù monete coniate diverso tempo prima della loro esportazione: la vasta maggioranza delle monete in argento trovate in India risulta coniata prima della riforma monetaria operata da Nerone nel 64 d.C.
Quindi furono deliberatamente scelte per l’esportazione monete anteriori alla riforma. Inoltre anche molti denarii repubblicani sono stati inviati in India dopo la svalutazione del denario da parte di Traiano nel 107 d.C., quindi in un periodo in cui questi vecchi denarii erano in pratica già scomparsi dalla circolazione interna all’Impero.
Probabilmente le vecchie monete venivano scelte per essere esportate in una regione dove potessero aver valore come metallo a peso, visto il loro migliore contenuto di fino; questa pratica può aiutarci a spiegare un riferimento ai “vecchi aurei” (chrysa palaia denaria) in una iscrizione rinvenuta a Palmira e risalente al 193 d.C. Quindi le modalità dell’esportazione di monete romane in India era in parte determinato dalle riforme monetarie.

Una volta giunte in India, parte delle monete romane furono rifuse ed usate per produrre due nuove monetazioni: quella in oro di Vima Kadphises, re del Kushan dal 90 al 100 d.C., e quella in argento di Nahapana, satrapo di Saka nell’India occidentale dal 119 al 124 d.C.

In foto (cliccateci per ingrandirla): una dracma in argento emessa da Nahapana.
Al dritto, la legenda è in caratteri greci, al rovescio è in brahmi e in kharoshti. In seguito molte di queste monete vennero ribattute da Gautamiputra Satakarni, l’imperatore Satavahana che sconfisse Nahapana.

Foto tratta da worldofcoins.eu

dracma_nahapana

In effetti la città che nel I secolo d.C. contava maggiori scambi con l’Impero Romano era Barygaza (oggi chiamata Bharuch e situata nel Gujarat), allora appartenente ai domini di Nahapana. Barygaza costituiva il capolinea meridionale della rotta commerciale Kamboja-Dvaravati; il Periplus Maris Erythraei, un manuale del commercio scritto nel I secolo d.C. da un mercante egiziano, descrive così questa città:

Dopo il golfo di Baraca c’è quello di Barygaza e la costa del paese di Ariaca, che è l’inizio del regno di Nambanus e di tutta l’India. La parte nell’entroterra adiacente alla Scythia è chiamata Abiria, ma la costa è chiamata Syrastrene. E’ un paese fertile, con frumento, riso, olio di sesamo, burro chiarificato e cotone da cui vengono tessuti i vestiti indiani. Vi pascola molto bestiame, e gli uomini sono di grande statura e neri di pelle. La metropoli di questo paese è Minnagara, dalla quale vengono mandati a Barygaza molti tessuti in cotone. In questi posti, fino ai giorni nostri, rimangono le tracce della spedizione di Alessandro, come antichi santuari, muri di castelli e grandi pozzi. La navigazione procede lungo questa costa, da Barbaricum al promontorio chiamato Papica, opposto a Barygaza, e prima di Astacampra, per tremila stadi. […] L’entroterra di Barygaza è abitato da numerose tribù, come gli Aratii, gli Arachosii, i Gandaraei e la gente di Poclais […] Ancora oggi le antiche dracme sono moneta legale in Barygaza, e quelle che circolano, giungendo da quella regione, portano iscrizioni in lettere greche, ed i segni di quelli che regnarono dopo Alessandro, Apollodotus e Menander.

Si tenga presente che nel passo appena citato l’autore ha commesso un errore nell’attribuire ad Alessandro le opere architettoniche della città: Alessandro Magno non raggiunse mai questo territorio, anche se è vero che nella regione circolavano monete indo-greche.
Poi l’autore del Periplus passa a descrivere i commerci della regione e fa riferimenti al denaro romano presente sui mercati indiani:

Nell’entroterra di questo posto, e verso est, vi è la città chiamata Ozene, formalmente una capitale reale; da questo posto vengono esportate tutte le cose necessarie al benessere del paese di Barygaza, e molti generi servono anche il nostro commercio: agati e cornalina, mussole indiane e calde stoffe, e molte altre stoffe ordinarie. Attraverso questa regione e dalla regione più a nord, è portato il nardo che arriva attraverso Poclais; arriva anche il costus ed il bdellium. Vengono poi importati vino, preferibilmente italiano, ma anche laodicense ed arabo; rame, stagno e piombo; coralli e topazi; stoffe sottili e articoli di tutti i tipi; cinture dai colori brillanti larghe un cubito; storace, trifoglio dolce, coppe di vetro, realgar, antimonio, monete d’oro e d’argento, sulle quali si crea profitto scambiandole con le monete locali; olii ma non molto costosi, e non in gran quantità. Per il re vengono importati vasi molto pregiati d’argento, giovani cantanti e attori, belle fanciulle per l’harem, vini di qualità, stoffe sottili della migliore tessitura, e balsami scelti. Da qui vengono esportati nardo, costus, bdellium, avorio, agate, cornalina, lycium, stoffe di cotone di tutti i tipi, stoffe in seta, pepe lungo e tutte le altre mercanzie che giungono qui dalle varie città mercato. Le merci dirette a questa città mercato, che arrivano dall’Egitto, fanno il viaggio preferibilmente nel mese di luglio.

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