Siria, ribelli all’assalto dei tesori antichi

Un ribelle mostra una croce e i paramenti sacri rubati da una chiesa di Homs
Un ribelle siriano mostra una croce e i paramenti sacri rubati da una chiesa di Homs (click per ingrandire)

Articolo di Fausto Biloslavo tratto da Il Giornale di sabato 29 dicembre 2012.

La Siria è ricca di musei, moschee, chiese, rovine romane, persiane e bizantine. L’Unesco protegge sei siti siriani considerati patrimonio dell’umanità e il paese è una “miniera” archeologica ancora in gran parte da scoprire.
Ventuno mesi di conflitto sono costati la vita a 40.000 persone e il patrimonio culturale della Siria rischia di andare in fumo a causa di razzie e combattimenti. I ribelli si fanno scudo dei siti protetti, i governativi li bombardano ed in tanti depredano le antichità più preziose per venderle al miglior offerente. Una storia già vista con l’apice del saccheggio in Iraq, ma pure in Libia ed in Egitto a causa della primavera araba. In Siria alcune bande ribelli contrabbandano i pezzi più pregiati razziati da siti archeologici o musei in cambio di soldi o direttamente di armi.
Il museo di Hama, una delle roccaforti degli insorti, è stato saccheggiato il 14 luglio dello scorso anno. Una statua d’oro aramaica dell’VIII secolo prima di Cristo è sparita.
Nell’antica Apamea sono stati portati via i mosaici romani, oltre a capitelli e parti di antiche strade con i bulldozer.
La cittadella antica di Aleppo in gran parte in legno, prima linea nei combattimenti, è stata incendiata. Anche la famosa moschea Umayyad risulta danneggiata dalla guerra civile. Aleppo, “capitale” del nord è uno dei luoghi protetti dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. In Siria ci sono oltre cento siti archeologici a rischio razzia. Anche la gente comune, con il miraggio di guadagnare qualcosa, scava e ruba. Poi ci sono gli sciacalli di professione delle opere d’arte e dei reperti storici. Secondo il Financial Times il giro d’affari varia dalle piccole statue dal valore di 30.000 dollari agli oggetti più preziosi che vengono pagati fino a 300.000 dollari. Fin dal luglio dello scorso anno, il primo ministro siriano Adel Safar denunciava che “il paese è minacciato da bande criminali con apparecchiature ad alta tecnologia specializzate nel furto di manoscritti, antichità e reperti dei musei”. Il bottino delle razzie viene contrabbandato attraverso il Libano e la Turchia. Talvolta sono coinvolti anche dei funzionari governativi. Per ora, però, le aree sotto il controllo di Assad, come Damasco, sembrano immuni dalle razzie.
La pagina Facebook “Il patrimonio siriano sotto minaccia” raccoglie le denunce delle ruberie. In un video, probabilmente ripreso a Palmira, si vedono fuoristrada carichi di statue dirette all’estero. In una foto un miliziano dell’esercito libero siriano depreda la croce di processione da una chiesa di Homs (vedi foto in alto, cliccateci per ingrandirla). Quest’anno l’Unesco ha lanciato tre appelli per salvare il patrimonio siriano e allertato l’Interpol.
“Siamo preoccupati per tutto il Mediterraneo – ha ribadito Francesco Bandarin, vicedirettore generale per la Cultura dell’Unesco – Soprattutto per la fase post-conflitto, quella più pericolosa perché scompare l’amministrazione, come accaduto in Iraq. E in questa fase agiscono con operazioni organizzate le mafie internazionali”. Con la caduta di Saddam Hussein è scattato il grande saccheggio non solo nei musei di Baghdad. Nel mirino sono finite Babilonia, Ninive, Isin e decine di siti archeologici.
In Libia i salafiti fanno a pezzi gli antichi tempi sufi. Nell’Apollonia un tempo romana hanno rubato quattro anfore di grande valore. Nel sito archeologico di Umm al Shuga sono arrivati gli sciacalli. Al Cairo il museo egiziano è stato razziato durante la rivolta di piazza Tahrir. Decine di siti archeologici sono stati violati per il crollo della sicurezza. Secondo l’Unesco ci sono degli scavi pure nell’area della piramide di Giza.
Ed il 28 settembre sono stati beccati con le mani nel sacco a Luxor i due figli di un importante deputato salafita, Gaber Abdel-Monem Ali, che vuole rifondare l’Egitto.