Uno zecchino di Leone X per Ravenna

Questo articolo fu scritto da Ercole Gnecchi per la Rivista italiana di numismatica del 1892. Riguarda uno zecchino coniato dalla zecca di Ravenna dal 1517-1521 a nome di papa Leone X.

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zecchino_ravennaD/: LEO • X • PONT • M •
Scudo a testa di cavallo collo stemma Medici. In alto le chiavi incrociate, sopra le quali il triregno. Abbasso, ai lati dello stemma, due armette; a sinistra quella della Chiesa di Ravenna, a destra quella del Card. Fieschi.

R/: S • APO • AR • RAVE • S
Apollinare in piedi di faccia in abito sacerdotale e mitrato. Tiene il pastorale nella sinistra, e ha la destra alzata in atto di benedire.

(Peso gr. 3. 450).

Il Fioravanti, lo Scilla, lo Zanetti, l’Argelati, il Cinagli, ecc., ci hanno fatto conoscere alcuni tipi di monete battute da Leone X a Ravenna, ma tutte in argento. Lo zecchino, tostò descritto, ed esistente nella mia collezione, è finora la sola moneta d’oro conosciuta di Leone X per Ravenna; è inedita, e, ch’io mi sappia, non ne esistono altri esemplari.
Il Card. Nicolò Fieschi, il cui stemma figura nel diritto accanto a quello della Chiesa di Ravenna, eletto nel 1516 Arcivescovo di Ravenna, aveva ottenuto da Leone X, come attesta il Fabri nelle sue Sagre Memorie di Ravenna, “un privilegio amplissimo confirmatorio di quanti insino all’ora i passati Pontefici e Imperatori alla Chiesa nostra avean concessi” [1]. In quel privilegio, datato da Roma li 18 sett. 1517, è fatta speciale menzione del diritto di batter moneta, colla espressa condizione quod moneta praedicta sit ligae per Cameram Apostolicam tam in Urbe, quam in aliis Romanae Ecclesiae locis, ordinatae.
Il Cardinal Fieschi pertanto riaperse la zecca nel Palazzo Arcivescovile; ed era ben naturale che, come a quel tempo tutte le zecche delle città appartenenti al dominio della Chiesa, quali Pesaro, Ancona, Perugia, Foligno, Camerino, Modena, Parma, ecc. battevano moneta, non solo in argento e rame, ma benanco in oro, così anche Ravenna non dovesse starsene indietro dello altre. Il Card. Fieschi anzi, interpretando in modo assai largo il detto privilegio, e ben sapendo in quale alto onore fosse sempre stata tenuta presso i pontefici la Chiesa di Ravenna, fece di più. Dopo aver coniato, come vedemmo, monete in oro e in argento, col nome e le armi di Leone X, limitandosi a farvi incidere il suo stemma vicino a quello di Ravenna, in due altre monete di bassa lega, soppressi totalmente il nome e le armi del pontefice, vi fece coniare, da un lato, il suo proprio stemma colla leggenda: N • CAR • FLISCVS; e dall’altro lo stemma della Chiesa di Ravenna, colle parole: ECCLESIE RAVENE e ANTIQVE RAVENE [2]. Così egli, con esempio affatto nuovo nella serie delle monete pontificie, s’era sottratto alla diretta dipendenza del papa, ed aveva, in certo qual modo, creato monete autonome della Chiesa di Ravenna; dico autonome, non trovandosi in quelle due monete alcuna parola, alcun simbolo che si riferisca alla Signoria pontificia, mentre è noto che fino a quel tempo gli arcivescovi, i legati, i governatori pontifici non avevano mai messo sulle monete il loro nome in luogo di quello del pontefice; ma solo vi avevano fatto incidere, accanto allo stemma della città, quello della loro famiglia. Che se qualche volta manca in tali monete il nome del papa, vi vediamo però sempre in sua vece lo stemmi papale o almeno le Chiavi col Triregno.
Un solo esempio da paragonarsi a questo ce lo offre il contemporaneo Cardinal Giulio, de’ Medici (poi papa Clemente VII), il quale, governando a nome del papa Leone X la città di Fabriano, vi battè alcune monetine col solo suo nome e stemma, e con quelli della città [3]. Queste due eccezioni non sapremmo spiegarle se non colla straordinaria potenza e grandezza a cui questi due Cardinali (e specialmente il secondo) erano saliti durante il pontificato di Leone X, talché s’erano creduto lecito ciò che niun altro fino a quel tempo aveva ardito di fare.

NOTE
[1] Fabri Girolamo, Le. sagre memorie di Ravenna antica, Venezia 1664, in-8, pag. 540.
[2] Fabri, Op. cit., pag. 541. — Zanetti, Nuova raccolta delle monete, ecc. Tomo II, pag. 413, in nota. – V. Bellini, De monetis Italiae, etc. dissertatili II. pag. 123. — Cinagli. Le Monete dei Papi, pag. 88. N. 139.
[3] Ramelli Camillo, Della zecca fabrianese; con giunte e correzioni di A. R. Caucich, pag. 17-18; tav. annessa, N. 2 e 4. — Caucich A. R., Monete monete, corrette o rare. (Bull. di num. ital. Anno II, pag. 12-10, pag. 20). — T. Gentili di Rovellone, Di una moneta inedita di papa Clemente VII e della zecca di Fabriano nel secolo XVI. (Bull. di num. e sfrag. di Camerino. Vol. I, pag. 41-43).

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