Pastorizia nel Sahara di 7.000 anni fa

In Africa, nonostante l’arte rupestre sahariana fornisca un eccezionale testimonianza delle attività pastorali del neolitico (compresa la mungitura), i problemi legati alle datazioni delle stesse ne hanno sempre impedito un uso sperimentalmente valido. Ma ora le ricerche archeologiche condotte dall’università di Bristol, con la partecipazione delle università di Milano e Sapienza di Roma, presso il villaggio neolitico di Takarkori (Libia) hanno permesso il rinvenimento delle più antiche tracce di latte mai trovate in Africa.
Infatti i microscopici residui di sostanza organica, conservati in frammenti di vaso, sono databili al 5.200 a.C. Ciò fa slittare molto indietro nel tempo l’epoca nella quale nacquero i primi villaggi di agricoltori e allevatori; ciò, inoltre, suggerisce che il latte potesse essere così consumato, nonostante l’intolleranza al lattosio di quelle popolazioni. In particolare quei residui derivano dalla trasformazione del latte in burro, yogurt o formaggio. Solo poche popolazioni lavorano il latte per renderlo più digeribile, come avveniva in questo villaggio di 7.000 anni fa, mentre molte altre ne sfruttavano solo le carni e le pelli.
La scoperta, pubblicata sul numero della rivista Nature del 21 giugno 2012, testimonia l’elevato sviluppo sociale ed economico raggiunto dai pastori del Sahara centrale nel neolitico medio. I reperti  raccolti dalla missione della Sapienza negli ultimi anni nel deserto del Sahara sono molte, e includono resti di accampamenti, monumenti funerari e naturalmente la formidabile arte rupestre. Proprio le pitture parietali del Tadrart Acacus, patrimonio mondiale Unesco dal 1985, raccontano nei dettagli la vita dei pastori africani, i loro spostamenti, le cerimonie e la mungitura del bestiame.

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