Nel suo libro di memorie “L’alba di un mondo nuovo” (2002), Alberto Asor Rosa narra – tra le altre cose – l’esperienza di sua madre con le am-lire.
Si tratta della cartamoneta che gli anglo-americani misero in circolazione in Italia dopo lo sbarco in Sicilia (9-10 luglio 1943). Vennero emesse am-lire per 167 miliardi e circolarono fino al 3 giugno 1950.
Gli alleati imposero il cambio con la normale lira italiana (con cambio fisso di 100 am-lire per un dollaro statunitense). Quindi l’am-lira contribuì alla pesante inflazione che colpì l’Italia verso la fine della seconda guerra mondiale.
Infatti, come vedremo nel testo riportato di seguito, il “tesoro” della donna fu spazzato via dall’iperinflazione causata prima dalla guerra e poi dalle am-lire.
Mia madre, fino alla mia nascita, aveva lavorato in un ufficio come impiegata. La sua liquidazione, nel momento in cui aveva lasciato il lavoro, era consistita in due biglietti da diecimila lire, da conservare gelosamente una scatola da biscotti, infilata sotto il cumulo della biancheria di casa.
Erano grandi come due lenzuola rosate, fruscianti e artisticamente decorati: ben lo sapevo, perché lei non aveva resistito alla tentazione di mostrarmi più volte il suo tesoro, seppellito lì perché potesse un giorno essere utilizzato il più proficuamente possibile (immagino a mio frutto e vantaggio).
Qualche settimana dopo l’arrivo degli alleati, ci fu il cambio della vecchia carta moneta: mia madre andò in banca con le sue diecimila rosa e ne ritornò con una moltitudine di foglietti piccini, giallo-verdi, con le scritte nere, scurissime, mal stampati. Se li avesse portati tutti il giorno dopo in macelleria, le sarebbero appena bastati per un chilo di carne.