Caccia all’oro nazista

Dai lingotti della Banca d’Italia all’oro di Dongo: è una vera e propria mappa dei tesori predati durante la Seconda guerra mondiale quella che Enzo Antonio Cicchino e Roberto Olivo, giornalisti e ricercatori storici, hanno tracciato nel libro Caccia all’oro nazista (Mursia, pagg, 328, euro 18) in libreria a fine giugno, un saggio-inchiesta che ricostruisce sulla base di documenti e interviste ai testimoni i movimenti dei beni incamerati dai nazisti le cui tracce spesso sono scomparse nel nulla nonostante le ricerche di governi, avventurieri, e persino improvvisati cercatori d’oro.

Il libro prende le mosse dal tesoro della sede centrale della Banca d’Italia: 120 tonnellate d’oro, tra le quali anche le 8 provenienti dalla Banca Nazionale Jugoslava acquisite nel 1941 a titolo di preda bellica, le 14 tonnellate e mezzo trasferite all’Italia dal governo francese di Vichy, e 373 chili provenienti dalle razzie in Grecia. Già nel maggio del 1943, l’allora governatore della Banca d’Italia, Vincenzo Azzolini insieme al ministro delle finanze Giacomo Acerbo valutò la possibilità di trasferirlo a Bolzano o a Verona per evitare che cadesse nelle mani degli Alleati. Con la caduta di Mussolini, il 25 luglio, e poi con l’Armistizio gli avvenimenti precipitano e i nazisti chiedono la consegna dell’oro che viene inviato in treno a Fortezza, in Alto Adige. Da qui una parte finirà nelle banche svizzere, una parte in Germania, una parte verrà riconsegnata dagli Alleati alla Banca d’Italia. I tre filoni in cui si divide l’oro italiano danno origine ad altrettante vicende di cui il libro dà conto con dovizia di particolari e con i ritratti di personaggi che sembrano usciti da una spy story come quel Herbert Herzog, un cacciatore di tesori a percentuale: negli anni Cinquanta consentì alla Banca d’Italia di tornare in possesso dell’oro italiano predato dai nazisti e che, misteriosamente,  gli Alleati avevano restituito agli austriaci.

I conti delle riserve auree della Banca d’Italia sembrano tornare ma non bastano i documenti ufficiali a placare la febbre dell’oro: sul Monte Soratte, in provincia di Roma, per lungo tempo reduci con badile in spalla, perlustrarono i 15 chilometri di gallerie militari alla ricerca di 79 casse nascoste dalle SS nel 1944. Le voci popolari, non suffragate da nessun riscontro, parlano ancora oggi di tesori rubati agli ebrei e oro della Banca d’Italia.

Non poteva mancare, infine, un capitolo sull’oro di Dongo, ovvero i beni che Mussolini aveva con sé al momento della cattura, stimati in diversi milioni in oro, beni e valuta. Un tesoro disperso su cui mai si sono spente le ricerche e le leggende. Così come si continua a indagare su sommergibili nazisti affondati con un preziosi carichi o  sul tesoro di Rommel, composto pare di oggetti d’oro razziati in Tunisia e Libia. Tante storie che parlano di una guerra che per molti non ancora finita.

Enzo Antonio Cicchino è nato a Isernia nel 1956. Documentarista e autore per Rai 3 di numerosi programmi di storia, ha curato diverse inchieste per Mixer di Giovanni Minoli e attualmente lavora per La Grande Storia, diretta prima da Pasquale D’Alessandro ed ora da Luigi Bizzarri. Nel 1995 ha creato il sito Internet www.larchivio.com, che si occupa di arte, letteratura, storia. Con Mursia ha pubblicato Il Duce attraverso il Luce (2010).

Roberto Olivo è nato a Tarcento, in provincia di Udine. Scrittore, sceneggiatore e giornalista free lance, è anche fotografo, illustratore, vignettista satirico, disegnatore di cinema d’animazione. In collaborazione con Enzo Antonio Cicchino ha pubblicato La Grande Guerra dei piccoli uomini, Mussolini, Via Rasella.

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