L’uso monetario della conchiglia cauri

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La conchiglia cauri

Una conchiglia cauri
Una conchiglia cauri

La Cypraea moneta è una conchiglia appartenente alla classe dei Gasteropodi; è lunga dai 30 ai 45 millimetri ed ha una colorazione che varia dal bianco al giallo paglierino. La sua lucentezza ha fatto sì che il nome “porcellana”, con cui era conosciuta nell’Europa medievale, sia poi passato a designare il materiale ceramico. In altri luoghi questa conchiglia è conosciuta come kauri in bengalese, kaudi in hindi, kaoli in cinese, cowrie in inglese e kabttaj alle Maldive. Invece il nome scientifico, stabilito da Carlo Linneo nel 1758, è Monetaria moneta. Questo particolare nome deriva dal fatto che per millenni questa conchiglia venne usata come moneta in molti luoghi del mondo, così come la Monetaria annulus (Cypraea annulus), distinguibile da un anello giallo-arancio nell’area dorsale. Per comodità entrambe le conchiglie, peraltro molto simili tra loro, vengono incluse nella definizione “conchiglia cauri”.

La conchiglia cauri fu la prima moneta internazionale della storia umana. Il suo successo fu dovuto alla sua bellezza, alla sua leggerezza e alla sua trasportabilità, ma soprattutto alla sua sicurezza; in effetti la cauri è forse l’unica moneta al mondo impossibile da falsificare.[1] Le cauri si trovano in molte zone del mondo (Mar Rosso, Golfo Persico, Sri Lanka, Zanzibar, Madagascar, Borneo, Polinesia, Galapagos, Hawaii, Australia), ma la grande maggioranza proveniva dalle isole Maldive che, vista la loro posizione, costituivano anche un importante scalo commerciale.

Già dal medioevo diversi viaggiatori hanno lasciato testimonianze sulla raccolta delle cauri nelle acque delle Maldive; il mercante arabo Sulayman (IX secolo) e Masudi di Baghdad (X secolo) scrissero che le cauri venivano pescate ponendo sulla superficie marina delle foglie di palma intrecciate fra loro; le conchiglie vi aderivano e le foglie venivano portate sulla spiaggia, dove rimanevano esposte al sole per far essiccare la parte molle all’interno. Invece il funzionario cinese Ma Huan, che partecipò ad una missione dell’esploratore Zheng He (1371-1434), sostenne che le cauri venivano pescate con delle reti. In ogni caso al termine dell’essiccatura, le conchiglie venivano accatastate in grandi mucchi e poi caricate sulle navi mercantili o sui pescherecci, che le avrebbero poi vendute nei tanti luoghi in cui le cauri venivano usate come moneta. Nel 1344 il viaggiatore e storico maghrebino Ibn Battuta scrisse che ogni anno dalle Maldive partivano più di quaranta navi cariche di cauri.

 

Cina

L'ideogramma bei significa "moneta" e deriva dalla stilizzazione della cauri
L’ideogramma bei significa “moneta” e deriva dalla stilizzazione della cauri

Il più antico utilizzo monetario delle conchiglie cauri è attestato in Cina nel Neolitico.

In Cina le cauri erano diffuse già presso la cultura di Yangshao (5000-3000 a.C.), presente nel nord-ovest del paese, ovvero tra l’Henan, lo Shaanxi e lo Shanxi: nei corredi funerari di alcune sepolture sono state trovate alcune di queste conchiglie, mentre in altre tombe della stessa epoca sono state trovate cauri (in un caso ben dieci) inserite nella bocca dei defunti. Questa usanza richiama quella dell’obolo di Caronte, la moneta che nell’antica Grecia veniva posta nella bocca del defunto per permettergli di pagare il passaggio dell’Acheronte. Le cauri erano ancora più diffuse nella cultura di Majiayao (3300-2000 a.C.): lo testimoniano gli scavi archeologici dei cimiteri di Jianshanzhai (nel Sichuan), di Liuwan e di Shangsunjiazhai (entrambe nel Qinghai): gli archeologi vi rinvennero non poche conchiglie. Alla stessa epoca risalgono le cauri scoperte a Kanou, in Tibet.

Non si conosce l’origine delle conchiglie circolanti in quell’epoca: alcuni studiosi ipotizzano che venissero pescate nel Mar Cinese Meridionale, invece altri sostengono che già nel 3.000 a.C. venissero importate via terra dai paesi che sorgono sull’Oceano Indiano. Quest’ultima ipotesi – ardita ma non impossibile[2] – è supportata dal fatto che le più antiche cauri sono state scoperte nelle regioni interne e solo successivamente il loro utilizzo si estese alle aree costiere. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che le cauri arrivassero in Cina dal Mar Rosso, attraverso una catena di rapporti commerciali: tra i popoli del Medio Oriente e quelli dell’Asia centrale (in particolare quello di Jeitun), e di questi ultimi con la Cina.[3] Questa ipotesi si basa su tre fattori:

  • le somiglianze culturali tra la cultura di Majiayao e quella di Jeitun, presso la quale le cauri erano conosciute almeno dal 7000 a.C., come testimoniano gli scavi archeologici di Jeitun (Turkmenistan). In particolare le due culture sono accomunate dall’uso di microliti, dei piccoli utensili preistorici in pietra tagliata;
  • il ritrovamento di cauri in siti archeologici mediorientali; in particolare si segnalano due conchiglie rinvenute in una necropoli di Gerico (Palestina) databile al 7000 a.C.;
  • l’assenza di cauri nei siti archeologici della valle dell’Indo risalenti alla stessa epoca, il che escluderebbe l’importazione dall’India.

Non si può comunque escludere che nei lunghi secoli dell’antichità siano esistite altre “vie della cauri”; ad esempio il ritrovamento di alcune conchiglie presso i siti della cultura di Koban (nell’attuale Russia), databili al 1100-400 a.C., potrebbe far supporre che in quell’epoca le conchiglie viaggiassero dal Medio Oriente alla Cina anche attraverso il Caucaso.

In ogni caso l’uso delle cauri aumentò nel periodo delle dinastie Xia (2194-1675 a.C.) e Shang (1675-1046 a.C.); in questo periodo l’uso delle conchiglie iniziò ad estendersi anche alle regioni più orientali, ma non arrivò mai a sud del Fiume Azzurro. Risalgono a queste epoche le cauri scoperte negli scavi di Huoshaogou (nel Gansu) e in altri siti archeologici nell’Henan, nel Qinghai, nel Lioanin e nella Mongolia Interna.

Nel periodo dei sovrani Shang (1675-1046 a.C.) si affermò definitivamente come la principale moneta cinese; in quel periodo un  cesto di riso costava duecentocinquanta cauri. Il largo uso monetario delle conchiglie è testimoniato sia dalle iscrizioni oracolari dell’epoca[4], sia da un’iscrizione bronzea che recita:

Al suo ritorno il re lo ricompensò con un p’eng delle cauri che erano state catturate nelle spedizioni contro Yung

Inoltre sono state rinvenute migliaia di cauri nelle tombe presenti in molti siti archeologici; tra questi spiccano le più antiche sepolture imperiali finora scoperte: le tombe dell’imperatore Wu Ding e di sua moglie Fu Hao, databili intorno al 1200 a.C. In particolare nella tomba della consorte imperiale sono state trovate ben 6.900 cauri[5]; in questo periodo l’uso di inserire conchiglie nel corredo funerario si diffuse a tutte le classi sociali. Il dono delle conchiglie, insieme a quello del bronzo, costituiva uno dei principali omaggi feudali; infatti le cauri erano anche un simbolo di potere e di prestigio sociale. Gli ufficiali consideravano un onore ricevere in dono le cauri dai propri superiori. Lo Shujing, una raccolta di documenti storici risalente al VI secolo a.C., afferma che Tai Wu, nono sovrano della dinastia Shang, richiamò il suo primo ministro perché questi pensava ad arricchirsi, accumulando giada e cauri, anziché pensare agli affari di governo.

Un'imitazione in pietra della cauri
Un’imitazione in pietra della cauri

Molti scavi archeologici testimoniano che durante la dinastia Zhou occidentale (1046-771 a.C.) la diffusione delle cauri si estese ulteriormente. A questo periodo risale la riproduzione in bronzo di una nave, che presenta l’iscrizione:

Il signore di Chuy, Yuan, ha fatto costruire questo prezioso vascello. Egli ha usato quaranta p’eng di cauri.

A causa delle difficoltà di approvvigionamento, queste conchiglie vennero riprodotte usando svariati materiali: giada, pietra, ossa, terracotta, stagno e bronzo; più rare sono le imitazioni in legno, argilla, avorio, argento e oro. Queste imitazioni venivano poi usate come monete. Più tardi alle cauri si ispirarono anche le cosiddette premonete Ant Nose (o Ghost face) in bronzo, emesse tra il 400 e il 220 a.C. dal “regno combattente” di Chu; a differenza delle mere imitazioni, queste premonete riportavano delle iscrizioni.

Ant nose (o Ghost face) del regno di Chu
Ant nose (o Ghost face) del regno di Chu

L’uso monetario delle cauri iniziò a declinare durante la prima fase della dinastia Zhou orientale, ovvero nel cosiddetto periodo delle primavere e degli autunni (770-476 a.C.). Il declino delle cauri fu dovuto alla comparsa delle prime monete metalliche, che avevano forma di vanghe in miniatura. Le cauri , insieme alle loro imitazioni, vennero dichiarate fuori corso nel 335 a.C.; poi il divieto fu confermato dalla effimera dinastia Qin (221-206 a.C.), in nome della standardizzazione del sistema monetario, ora basato esclusivamente sul bronzo. Non a caso negli scavi archeologici risalenti alla longeva dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C.) sono state rinvenute pochissime cauri.

Poi le cauri tornarono in uso a partire dalla dinastia Tang (618-907 d.C.) e furono usate come mezzo di scambio – insieme alle monete, alle banconote e al sale – fino all’ultima dinastia imperiale, la Qing (1644-1912). Durante la permanenza di Marco Polo in Cina, ovvero durante il regno di Kubilai Khan (1271-1294), ottanta cauri erano scambiate con cinque grammi d’argento. Fino al XIV secolo i cinesi potevano usare le conchiglie anche per pagare le tasse. A quel tempo le cauri venivano importate dall’India ed entravano in Cina dalla provincia dello Yunnan.

Già in epoca Shang le cauri venivano forate per poterle infilare insieme con una corda, facilitando in tal modo il trasporto e la contabilità. Questo uso sopravvisse anche quando in Cina iniziarono a circolare le monete metalliche: il buco centrale presente nei cash in bronzo serve proprio a questo[6]; ogni catena di mille monete equivaleva ad un tael d’argento.[7] La conchiglia cauri finì per essere associata al concetto stesso di moneta, tanto che l’ideogramma cinese 貝 (bei), che significa “moneta”, deriva proprio dal disegno stilizzato di una cauri; questo carattere fa anche parte di tutte le parole riguardanti i concetti di proprietà, commercio e benessere.

 

India

In India le conchiglie cauri sono state trovate in diversi siti preistorici lungo la valle dell’Indo. Inizialmente esse erano usate soprattutto dagli astrologi nella divinazione. Poi all’uso divinatorio (che continua ancora oggi) si aggiunse quello monetario, che iniziò ai tempi dell’impero Maurya (325-185 a.C.), quando le conchiglie costituivano la moneta spicciola; invece per transazioni più importanti si usavano l’argento e l’oro. In seguito l’uso delle cauri si estese anche a transazioni molto importanti: ad esempio potevano essere utilizzate per pagare la costruzione di una casa, che costava milioni di conchiglie. Un inglese acquistò una piccola abitazione nel Cuttack (Orissa) per 16 milioni di cauri, mentre la costruzione di una chiesa costò 160 milioni di conchiglie. Per evitare lunghi conteggi in occasione di ogni pagamento, nel Bengala si affermò l’uso di regolare le grandi  transazioni con delle ceste contenenti 12.000 cauri ciascuna. Le conchiglie usate in India provenivano dalle Maldive e la regione più attiva nella loro importazione era il Bengala. Ma le cauri erano usate come moneta anche in altre regioni settentrionali del subcontinente indiano, come l’Orissa, il Kashmir e il Pakistan; inoltre queste conchiglie circolavano anche negli attuali territori dell’Afghanistan.

All’inizio del ‘600 il navigatore francese Pyrard de Laval (1578-1623) fece naufragio vicino all’atollo di Baa e rimase alle Maldive per cinque anni. Durante il suo soggiorno ebbe modo di approfondire la questione delle cauri esportate verso l’India; egli scrisse:

Le chiamano boly e le esportano ovunque in quantità infinite, tanto che in un anno ho visto trenta o quaranta navi cariche esclusivamente di conchiglie. Erano tutte dirette nel Bengala perché lì se ne vendono a grandi quantità e a prezzi alti. Il popolo del Bengala le usano come moneta ordinaria, anche se hanno oro, argento e molti altri metalli; quel che è più strano è che alcuni re e grandi signori hanno costruito delle case espressamente per immagazzinare queste conchiglie, che considerano parte del loro tesoro.

 

Sud-est asiatico

Le cauri vennero usate come moneta anche in alcune zone del sud-est asiatico: nell’Assam, nell’Arakan, in Birmania meridionale, in Thailandia, nel Siam, nel Vietnam e nel Laos. Le cauri non vivevano nei mari che bagnavano queste terre e venivano quindi importate; arrivavano sia via terra che via mare.

Tomè Pires, il primo ambasciatore portoghese in Cina, nel 1511 riferì che le cauri venivano pescate nel mare di Baganga (Filippine) e del Borneo; da lì i mercanti le esportavano verso Pegu (Birmania meridionale) e la Malacca. In queste località con quattrocento o cinquecento cauri si poteva acquistare un pollo.

Nel nord della Thailandia Mangrai, re di Ngoenyang e Lanna dal 1259 al 1317, decise che le cauri dovevano sostituire l’argento nel pagamento di multe o risarcimenti. Fu anche deciso un cambio fisso: millecento cauri per una moneta d’argento. In Thailandia l’uso monetario delle cauri continuò fino al secolo XIX, quando la moneta da un tical (o baht) da 15 grammi d’argento valeva 6.400 cauri.

 

Oceania

Le cauri erano diffuse anche nella vicina Oceania, dove fu usata come elemento decorativo o di distinzione sociale, ma non come moneta, almeno non diffusamente. Infatti ogni tribù sceglieva come mezzo di scambio un particolare tipo di conchiglia; quindi la cauri può essere stata usata come moneta da alcune tribù, mentre risultava inutile agli occhi di altri indigeni, come quelli di molte isole del Pacifico meridionale che avevano adottato come moneta l’Oliva carneola.

Ma le particolarità dell’Oceania nell’uso della cauri non finisce qui. Basti pensare che in alcune isole venivano considerate moneta solo le cauri raccolte dal re in persona durante delle cerimonie; è difficile capire come si riuscisse a distinguere le conchiglie prescelte da tute le altre.

 

Americhe

Nel continente americano la conchiglia cauri potrebbe essere stata usata come moneta dalla tribù degli Ojibway (conosciuti anche come Chippewa) e da quella dei Menomini. Questi due popoli erano stanziati nell’odierno stato del Michigan e sulle coste del Lago Superiore e del lago Huron, dove le cauri non vivevano. Diverse cauri sono state trovate in tombe risalenti anche al 6.000 a.C. Anche in Alabama sono state trovate delle cauri: si tratta di cinque conchiglie rinvenute in una tomba risalente ad un periodo anteriore all’arrivo dei bianchi.

Non si conosce in che modo queste tribù si procurarono le cauri (a cui gli Ojibway diedero il nome di miigis): potrebbero averle avute tramite scambi commerciali oppure, come narrano alcune tradizioni orali, potrebbero averle raccolte nei laghi e nei fiumi del loro territorio. Questa possibilità potrebbe indicare che le cauri erano state usate e poi abbandonate da una tribù più antica, che le aveva ottenute da altri popoli per via commerciale. Di certo le cauri erano usate in alcune cerimonie di iniziazione; invece è ancora incerto se queste tribù usassero le cauri come mezzo di scambio. Dopo l’arrivo dei bianchi, i nativi iniziarono ad accettare le cauri in cambio di altri beni; ad esempio già nel ‘700 la canadese Hudson’s Bay Company cedette delle cauri ad alcuni indiani Cree.

Anche altre tribù di nativi americani usarono conchiglie come moneta, ma si trattava di specie diversa dalla cauri. Infatti nel sudest degli attuali Stati Uniti si usava la Marginella e in California l’Olivella; dal 1500 al 1800 alcune tribù californiane (Miwok, Ohlone, Patwin, Pomo e Wappo) usarono come moneta anche la Saxidomus, una conchiglia bivalve. Invece nella zona del golfo del Messico e nelle Ande si preferiva lo Spondylus. Dopo l’arrivo dei coloni europei le conchiglie persero gradualmente il loro ruolo monetario, anche perché i bianchi importarono nuovi tipi di conchiglie e produssero anche delle imitazioni.

 

Medio Oriente

Mercanti arabi che commerciano usando le cauri nel 1845
Mercanti arabi commerciano usando le cauri nel 1845

In Medio Oriente la conchiglia cauri era conosciuta almeno dal 7000 a.C., come testimoniato dai due esemplari rinvenuti in una necropoli di Gerico (Palestina) risalente a quella data. Infatti fu scoperto un teschio umano ricoperto di gesso e decorato con le due conchiglie, che fungevano da occhi. Sempre a Gerico fu scoperta una cauri in una tomba risalente 3400-3100 a.C., poi un’altra in una sepoltura del 3100- 2900 a.C. Tra il 1845 e il 1851 alcune cauri furono trovate anche a Nimrud (Iraq), l’antica capitale dell’impero assiro, fondata nel XIII secolo a.C. e abbandonata nel 610 a.C.

In tempi molto più recenti gran parte del commercio delle cauri era in mano ai mercanti arabi, che ne ricavavano grandi profitti. Basti pensare che con un dinar d’oro alle Maldive si potevano acquistare da 400.000 ad 1.000.000 di conchiglie, mentre una volta portate in Nigeria le cauri venivano rivendute al prezzo di un dinar ogni mille.

 

Africa

Nel continente africano le conchiglie cauri erano conosciute già da alcuni millenni prima di Cristo; come si è detto, è probabile che le cauri usate in Cina già nel 5000 a.C. provenissero dal Mar Rosso.

La prima attestazione certa risale comunque al quarto millennio a.C.: alcune cauri sono state trovate in tombe dell’epoca pre-dinastico e poi in molte sepolture più recenti. Ad Abydos furono scoperte moltissime cauri in una tomba risalente alla XVIII dinastia (1550-1292 a.C.). In questo primo periodo le cauri erano usate come simboli di potenza, fertilità, magia e come amuleti, ma non come monete.

In Africa l’uso monetario delle cauri iniziò solo verso il 1000 d.C., grazie ai mercanti arabi che le trasportavano dalla Maldive alle coste dell’Africa orientale; vendute ad altri mercanti, le cauri venivano poi trasportate in lunghi viaggi via terra verso l’Africa occidentale, soprattutto a Timbuctu e a Gao. Pian piano la cauri si diffuse in molte regioni del continente nero, come il Sudan, l’Etiopia, il Mali e l’Impero Songhai; le cauri riscossero molto successo, tanto che in alcune regioni scomparvero altri tipi di moneta. In Africa circolavano anche molte Monetaria annulus, pescate nelle acque di Zanzibar da abitanti locali, alle dipendenze dei mercanti arabi, e poi esportate soprattutto nell’Unyamwezi (Tanzania) e in regioni più settentrionali.

In breve tempo la conchiglia cauri divenne un simbolo di prestigio e di ricchezza; sia il re dei Moro-Naba (nell’attuale Burkina Faso) che quello dei Mossi, un popolo che viveva tra il medio Niger e il bacino dell’alto Volta, ricevevano dai loro vassalli un tributo annuale di un milione di cauri; altri sovrani africani elargivano conchiglie ai poveri in occasioni di feste pubbliche. Nel regno del Dahomey le cauri venivano messe in circolazione dal governo, dopo essere state unite in delle stringhe dalle mogli del re. L’equiparazione della Monetaria annulus alla Monetaria moneta provocò – come vedremo – un aumento della base monetaria con conseguente aumento dei prezzi.

I prezzi erano molto variabili: alla fine del XVI secolo il tragitto in barca sul fiume Niger da Djenné a Timbuctu costava duemila cauri, mentre nello stesso periodo in Sudan ne servivano solo dieci per comprare una mucca. Alla fine del XVIII secolo l’esploratore scozzese Mungo Park (1771-1806) affittò una capanna nel villaggio di Soubou (in Mali) per 200 cauri al mese, anche se per gli indigeni i prezzi erano più bassi; lo stesso esploratore ricevette poi in dono 500 cauri dal sovrano del regno Bamana, che aveva la sua residenza a Ségou (in Mali). Alla fine dell’800 sempre a Ségou una zucca piena d’acqua costava un cauri, mentre la retta settimanale delle scuole coraniche di Timbuctu ammontava a sette cauri. Nel 1889 nel Burkina Faso il capitano francese Binger pagò dieci cauri per farsi radere la barba; anche in questo caso i locali avrebbero pagato molto meno. Nel 1850 l’esploratore tedesco Heinrich Barth (1821-1865) scrisse che a Muniyoma , una delle antiche provincie dell’impero di Kanem-Bornu (esteso tra gli attuali territori di Libia, Ciad, Nigeria e Niger), le entrate fiscali del re ammontavano a 30 milioni di conchiglie: ogni uomo adulto era tenuto a versare mille cauri all’anno, più altri mille per ogni bue che possedeva e duemila per ogni schiavo.

Generalizzando si può dire che inizialmente i prezzi erano bassi, poi aumentarono quando crebbe la quantità di conchiglie in circolazione; ad esempio in Uganda una donna veniva venduta come schiava per appena due cauri, ma qualche tempo dopo la maggiore disponibilità di conchiglie fece aumentare il prezzo a diecimila.

Un bianco acquista degli schiavi da un razziatore nero
Un bianco acquista degli schiavi da un razziatore nero

Questo esempio ci introduce alle transazioni meno nobili in cui le cauri funsero da mezzo di scambio: la tratta degli schiavi. Infatti la cauri fu la principale moneta con cui gli europei acquistavano gli schiavi dai negrieri africani che li rapivano. Al di là del giudizio morale, va detto che il prezzo da pagare per acquistare gli schiavi era molto alto: nel XVII secolo in Costa d’Oro un singolo schiavo costava 55 libbre di cauri (pari a circa 21.500 conchiglie), mentre nell’800 nel Golfo di Guinea una donna costava addirittura 123 libbre (pari a 48.000 cauri). Sempre nel XIX secolo in Nigeria un ragazzo costava 30.000 cauri, mentre nel regno del Kanem-Bornou (nel nord dell’attuale Ciad) uno schiavo costava meno di 20.000 conchiglie.

Già nel tardo medioevo i mercanti europei capirono che il commercio delle cauri poteva rivelarsi un ottimo affare, così iniziarono a fare concorrenza ai loro colleghi arabi. Infatti alcuni mercanti veneziani del ‘300 acquistavano le cauri dall’Oriente per poi rivenderle in Africa facendosi pagare in polvere d’oro; in genere le cauri transitavano per il Golfo Persico e per il Mediterraneo, venivano sbarcate in Marocco e da lì raggiungevano l’Africa nera via terra. Nei due secoli successivi il commercio delle cauri fu dominato dai mercanti portoghesi, a cui nel ‘600 subentrarono quelli olandesi e inglesi; anche i loro colleghi francesi e tedeschi vendevano cauri sul mercato africano. Si calcola che tra il 1700 e il 1790 le sole navi inglesi e olandesi abbiano spedito in Africa dieci miliardi di conchiglie, per un peso pari a 11.436 tonnellate. Tra il 1848 e il 1849 gli inglesi prelevarono 360 tonnellate di conchiglie dalle Maldive e le portarono a Liverpool; da lì le imbarcarono per la Guinea. Queste cauri furono usate per acquistare oro, beni di lusso e pietre preziose, ma soprattutto schiavi da usare come manodopera nelle colonie americane. Non tutte le cauri arrivarono a destinazione; ad esempio nel 1873 il brigantino Glendowra, che trasportava seicento sacchi di cauri verso Liverpool, fece naufragio davanti alla costa del Cumberland: per anni gli abitanti di quella zona raccolsero molte cauri sulle spiagge antistanti la zona del naufragio. Il dominio inglese nel commercio di conchiglie terminò il 25 marzo 1807, quando il parlamento di Londra approvò lo Slave Trade Act, una legge che aboliva il commercio di schiavi nell’impero britannico.

Durante il periodo coloniale la cauri era quotata sul mercato come una qualsiasi valuta. Nel XIV secolo occorrevano 1.150 cauri per un dinar d’oro, due secoli dopo ne  bastavano  400  per  avere  un  ducato. Nel 1740 la rupia dell’India inglese valeva 2.400 cauri, nel 1756 ne servivano 2.560, poi nel 1845 il tasso di cambio era salito a 6.500 conchiglie. Nel 1885 in Tanzania con 5.000 cauri si poteva acquistare un tallero di Maria Teresa; nel 1896 in Togo servivano 4.000 cauri per comprare un marco tedesco (così un cavallo costava 63 marchi o 250.0000 cauri). Nel 1897 in Africa occidentale una moneta francese da cinque franchi valeva 2.000 conchiglie. Ad inizio ‘900 nell’Uganda inglese una legge fissò il prezzo di una mucca in 2.500 cauri; tutti gli altri prezzi furono adeguati a questo valore fisso: così un pollo costava 25 cauri, una capra 500, una rupia indiana 800, una zanna d’elefante 1.000. Ancora nel 1939 in Nigeria una sterlina inglese valeva 2.400 cauri, ma nel 1946 il cambio salì a 28.800.

 

La perdita della funzione monetaria

Al declino del mercato degli schiavi corrispose quello della cauri; l’uso monetario delle conchiglie infatti diminuì, pur tornando temporaneamente in auge quando i paesi occidentali iniziarono ad acquistare olio di palma (usato come lubrificante per le macchine industriali) dai paesi africani. Poco dopo le potenze coloniali non trovarono più alcuna utilità in quelle conchiglie e decisero di imporre agli africani la moneta occidentale. In realtà inizialmente gli europei tollerarono le cauri: le imposte potevano essere pagate in conchiglie ed esistevano tabelle di conversione tra cauri e monete occidentali. Ma dopo la prima guerra mondiale i colonizzatori aumentarono la pressione fiscale, vietarono l’importazione delle cauri e non le accettarono più in pagamento. Per convincere la popolazione ad adeguarsi alle nuove norme e a pagare le tasse in moneta occidentale, furono organizzate anche alcune distruzioni pubbliche di conchiglie.

Ghezo, re del Dahomey
Ghezo, re del Dahomey

Così le cauri furono di fatto dichiarate fuori corso ed eliminate dal sistema finanziario, anche perché l’occidente non tollerava che l’Africa fosse un universo socio-economico separato dal mondo globalizzato della Belle Époque. Gli africani non la presero bene, anche perché consideravano la moneta metallica meno sicura del cauri. Ad esempio re Ghezo, sovrano del Dahomey dal 1818 al 1858, preferiva ricevere pagamenti in cauri, anziché in oro, perché

Solo così sono certo di non essere imbrogliato.

 Anche il re di Ouidah (in Benin) disse ad un missionario:

Meglio essere pagato in cauri: i mercanti bianchi non possono né ingannarmi, né truccare il peso.

Alle imposizioni occidentali gli africani risposero con alcune rivolte, represse dagli eserciti coloniali; ad esempio nel 1909 i contadini della regione del  fiume Volta si  ribellarono contro i francesi. È significativo quanto narrò lo scrittore maliano Amadou Hampâté Bâ (1900-1991); parlando della rivolta dei tuareg di Dori (nel Burkina Faso) esplosa nel 1916, egli riferì un episodio che ben descrive quale fosse il  rapporto tra i locali e la nuova moneta imposta dai francesi:

Il capo chiede di vedere un esempio della galletta che vogliono da lui. Il comandante tira fuori una moneta d’argento da 5 franchi e la porge all’interprete che la passa al capo. Questo gira e rigira la moneta, la guarda, la soppesa, la morde con i denti… “In Francia? – fa il capo sbalordito –. Interprete, di’ al comandante di essere ragionevole! Mi chiede di dargli delle gallette d’argento che sono state cotte in Francia, quando lui stesso è un francese. Io sono un tuareg di Dori, dove non sappiamo fare che gallette di miglio. Normalmente sono io che dovrei chiedere al comandante di darmi delle gallette d’argento di casa sua e non il contrario! Se il comandante vuole che gli paghi l’imposta che devo alla Francia in cammelli, struzzi, buoi, montoni, capre, miglio, riso, burro di vacca o anche schiavi, allora lo posso fare. Ma se esige che gli dia le gallette che mi ha mostrato, allora cerca la rissa.

 La fine della cauri come moneta scontentò anche i tanti commercianti e mercanti di schiavi che avevano tesaurizzato le loro ricchezze in conchiglie. Bruce Chatwin descrisse il caso del brasiliano Francisco De Souza, viceré di Ouidah,  che era stato uno dei  più  famosi mercanti di schiavi: quando i paesi occidentali misero fuori corso le cauri egli perse tutti i suoi risparmi e andò in rovina.

Dunque l’imposizione della moneta occidentale fu la causa principale della perdita della funzione monetaria della conchiglia cauri. Ma c’è un altro fattore che non va sottovalutato: la svalutazione causata dalle potenze coloniali che, prima di dichiararle fuori corso, portarono in Africa miliardi di conchiglie. Questo provocò l’aumento dei prezzi espressi in cauri e la conseguente diminuzione del valore di questa particolare moneta. Ad un certo punto il commercio di cauri via terra divenne sconveniente perché uno schiavo consumava cibo per un valore superiore a quello delle cauri che trasportava. Il contemporaneo uso di due specie diverse (Monetaria moneta e Monetaria annulus) non fece che aggravare la situazione; l’uso della Monetaria annulus, che si pescava nelle acque di Zanzibar, fu conseguenza della scarsità della Monetaria moneta nel mare delle Maldive, dove questa specie divenne rara a causa dell’eccessiva pesca. Altre tipologie di cauri (la Cypraea tigris e la Cypraea testudinaria) vennero usate occasionalmente ed avevano un valore superiore a quello delle due conchiglie “ordinarie”.

La svalutazione non causò solo l’aumento dei prezzi ma anche problemi pratici, soprattutto quando si doveva effettuare un pagamento di migliaia e migliaia di cauri. Le amministrazioni locali spesso le immagazzinavano in sacchi contenenti 20.000 conchiglie ciascuna, mentre nelle regioni costiere i privati univano le cauri in stringhe da quaranta o cento cauri ciascuna. Invece nelle regioni interne ci si limitava a conservare le cauri in grandi mucchi, contandole quando era necessario; nel 1850 Heinrich Barth scrisse:

L’usanza generale è quella di contare [le cauri] cinque a cinque, lavoro in cui alcuni sono molto esperti, per poi formare cumuli da 200 o 1.000 conchiglie ciascuno. Il conteggio di 500.000 conchiglie è un lavoro veramente eroico.

La svalutazione fu possibile in base a due fattori: la riproduzione e la durata. La cauri era un bene estremamente durevole e questo fu uno dei motivi che spinse gli uomini ad usarla come moneta; ma paradossalmente alla fine si rivelò un punto debole. Infatti una cauri che entrava in circolazione poteva restarci per molti secoli; inoltre, come tutti gli animali, anche le cauri si riproducevano. Questi due fattori fecero sì che la base monetaria si espandesse continuamente, senza mai contrarsi. In definitiva si può affermare che la cauri era, soprattutto nel medio-lungo periodo, una moneta intrinsecamente debole. Quindi la cauri non è per nulla paragonabile ad un bene durevole ma limitato come l’oro, contrariamente a quanto sostengono i detrattori del metallo giallo.

 

La conchiglia cauri oggi

Oggi in Africa le cauri vengono usate per comporre collane, come pedina degli scacchi e nella divinazione;  inoltre sono ancora usate come moneta spicciola nei mercati locali dell’Etiopia, del Ghana e di altre regioni dell’Africa profonda. In Ghana nel 1966 si verificò una carenza di moneta spicciola e la cauri tornò per qualche tempo a circolare: la moneta da un penny veniva sostituita da 20 cauri.

Ma ci sono alcune tribù per le quali la moneta-cauri riveste ancora oggi un’importante funzione sociale. Ad esempio presso i Lobi, un’etnia di ceppo bantu che vive tra Ghana e Burkina Faso, il prezzo della sposa vergine ammonta a 10.000 cauri; chi invece vuole avere una donna già sposata, dovrà pagare al marito ben 50.000 conchiglie. I Lobi chiamano la cauri con il nome di libipiela, che significa “moneta bianca”; intorno al 1980 presso questa popolazione quattro cauri valevano un franco.

Ghana, 20 cedi del 1991
Ghana, 20 cedi del 1991

In molte zone dell’Africa il denaro donato  in occasioni rituali si versa in cauri, perché questo tipo di moneta è molto più radicata nella cultura e nella tradizione locale rispetto alla moneta di tipo occidentale. Ad esempio presso alcuni popoli chi partecipa ad un funerale versa una somma alla famiglia del defunto, per contribuire alle spese della cerimonia (cibi, bevande e ingaggio dei musicisti): queste donazioni vengono effettuate quasi sempre in cauri.

L’attuale moneta del Ghana, il cedi, deve il suo nome alla cauri, visto che in quella regione queste conchiglie venivano appunto chiamate cedi. Non a caso nella seconda metà del ‘900 sono state emesse alcune monete raffiguranti una cauri: 1 cedi (1979 e 1984), 20 cedi (1991 e 1995) e 200 cedi (1996 e 1998). Cinque cauri sono raffigurate anche su un’emissione di prova in bronzo-alluminio da 40 franchi dell’Africa Equatoriale Francese, realizzata nel 1958 in soli trentatre esemplari.

Africa Equatoriale Francese, prova da 40 franchi del 1958
Africa Equatoriale Francese, prova da 40 franchi del 1958

Attualmente le cauri fungono da moneta anche presso alcune tribù della Papua Nuova Guinea e nella confinante provincia indonesiana di Papua Occidentale. In quest’ultimo luogo le cauri furono introdotte in gran numero nel XX secolo: fu durante la seconda guerra mondiale che i giapponesi vi portarono notevoli quantità di queste conchiglie. Negli anni ’50 si diffusero grazie agli indigeni che assistevano i primi missionari protestanti, ma nello stesso decennio si registrò l’importazione di ulteriori grandi quantità di cauri, quindi il valore delle conchiglie diminuì. Ciò nonostante esse sono ancora oggi una moneta usata, insieme alla rupia indonesiana, da molte tribù locali. Gli indigeni hanno ribattezzato le cauri “occhi di gatto”; queste conchiglie svolgono un ruolo importante in ambito matrimoniale perché è con esse che il futuro marito paga  la dote alla famiglia della sposa. A volte capita che una conchiglia sia valutata più di altre per la sua storia: era stata precedentemente scambiata dagli antenati o per risolvere una controversia fra tribù o ancora per acquistare beni necessari alla celebrazione di un importante rito.

 

BIBLIOGRAFIA

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[1] Basti pensare che nelle Americhe precolombiane venivano falsificati addirittura i semi di cacao, usati come moneta dai Maya. Esistevano ben tre tipi di contraffazione del cacao: la fabbricazione di falsi semi (ottenuti impastando semi di avocado polverizzati, pasta di amaranto e cera), lo svuotamento dei baccelli e il successivo riempimento con dell’argilla o il trattamento con la calce di semi freschi per farli sembrare già tostati e pronti all’uso.

[2] Si consideri che in Asia centrale le cauri erano conosciute almeno dal 7000 a.C., come testimoniano gli scavi archeologici di Jeitun (Turkmenistan).

[3] Ke Peng e Yanshi Zhu, New research on the origin of cowries in ancient China, in “Sino-Platonic papers”, n. 68, maggio 1995, p. 16

[4] Si tratta dei jiaguwen, ovvero di iscrizioni incise su ossa di animali (scapole di bovini) o su gusci di tartaruga; costituiscono la prima forma di scrittura nella storia cinese. Spesso le iscrizioni avevano un fine rituale: per ottenere una risposta dagli dei, lo sciamano scriveva la domanda su un osso di un animale sacrificato e poi lo poneva su una fiamma; infine interpretava i segni che il fuoco aveva impresso sull’osso. Questa pratica prende il nome di scapulomanzia.

Le ossa sono un ingrediente importante nella medicina tradizionale cinese e purtroppo nel corso dei secoli molte ossa oracolari di epoca Shang sono state distrutte per ricavarne medicamenti. Solo nel 1899 due studiosi (Wang Yirong e Liu E) intuirono l’importanza di questi reperti; il primo scavo archeologico nella zona di Yin iniziò solo nel 1928 e portò alla luce ventimila ossa oracolari. Dagli studi effettuati su queste iscrizioni si è capito che all’epoca di Wu Ding l’alfabeto cinese si componeva già di quattromila caratteri.

[5] La tomba di Fu Hao venne scoperta nel 1976 e conteneva un corredo funerario ricchissimo: oltre alle conchiglie vi erano 755 oggetti in giada, 564 in osso (fermacapelli e punte di freccia), 468 in bronzo (vasi rituali, armi, campane, coltelli, specchi e statue di tigri), 63 in pietra, 11 in ceramica, 5 in avorio. Alcuni degli oggetti in giada rinvenuti risalgono a civiltà molto antiche rispetto a quella Shang (le cosiddette culture di  Longshan, Liangzhu, Hongshan e Shijiahe); questa scoperta testimonia l’esistenza di forme di collezionismo già nel 1200 a.C. Nella tomba sono stati rinvenuti anche i corpi degli sventurati che furono sacrificati in onore di Fu Hao: sedici schiavi e sei cani.

[6] La struttura delle monete cinesi aveva anche un significato simbolico: la forma tonda rappresentava il Cielo, mentre il buco quadrato la Terra.

[7] Ogni dinastia imperiale stabilì per il tael un peso differente, comunque sempre compreso tra i 30 e i 50 grammi.