Una testimonianza monetaria di Primo Levi

Primo Levi da giovane
Primo Levi da giovane

“La tregua” è un romanzo di Primo Levi (1919-1987), pubblicato nel 1963, che raccoglie la testimonianza dell’autore ebreo sul viaggio di ritorno in Italia dopo la drammatica permanenza nel campo di concentramento di Auschwitz. In questa sede ce ne occupiamo perché nell’opera vi è anche un breve accenno alla circolazione monetaria nell’ovest dell’Unione Sovietica alla fine della seconda guerra mondiale.
Infatti nel decimo capitolo Levi racconta il viaggio a piedi verso il campo di raccolta sovietico di Staryye Dorogi che si trova in Bielorussia (allora appartenente all’Unione Sovietica), ad un centinaio di chilometri a sud di Minsk, e dove furono alloggiati circa 1.400 italiani in attesa del rimpatrio. Prima dell’ultima tappa del viaggio Levi e alcuni suoi compagni, volendo recarsi in un vicino villaggio ad acquistare del cibo (ma finiranno per acquistare il passaggio verso il campo a bordo di un carro agricolo), contarono il denaro in loro possesso. Ecco quanto scrisse Levi:

Fu fatto un rapido censimento dei nostri averi. Non era molto. Otto rubli fra tutti. Era difficile stabilire quale fosse il loro potere d’acquisto, in quel momento e in quel luogo: le nostre precedenti esperienze monetarie coi russi erano state incoerenti e assurde. Alcuni fra loro accettavano senza difficoltà valuta di qualsiasi paese, anche tedesca o polacca; altri erano sospettosi, temevano inganni, e accettavano soltanto scambi in natura o monete metalliche. Di queste ultime, circolavano le più impensate: monete del tempo zarista, uscite da atavici nascondigli familiari; sterline, corone scandinave, perfino vecchie monete dell’Impero austro-ungarico. Per contro, avevamo visto a Zmerinka una delle latrine della stazione con le pareti costellate di marchi tedeschi, puntigliosamente appiccicati al muro a uno a uno con materiale innominabile. In ogni modo, otto rubli non erano molti: il valore di uno o due uova.

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