Oro, quello che si deve sapere

Articolo di Gerardo Coco tratto da leoniblog.it

lingotti_oro_argentoCome il fantasma dell’Amleto, l’oro ritorna sulla scena monetaria per svelare cosa ci riserva l’avvenire. Da qualche anno una corrente d’oro fluisce da Occidente a Oriente. La Cina ne sta accumulando tante tonnellate che presto diventerà il maggiore detentore di riserve. Se si considera che l’oro viene acquistato regolarmente anche dall’India, Russia e Turchia, oggi il continente asiatico, ad esclusione del Giappone, rappresenta il 75% della domanda mondiale. Il fatto che metà del mondo lo stia rastrellandolo e che il paese più popolato ne incentivi l’acquisto fra i civili è forse un evento che si può ignorare? Le implicazioni geopolitiche sono incalcolabili. Perché questo appetito per il metallo giallo?

Si supponga di consolidare i bilanci dell’intero settore bancario globale: da una parte gli attivi, rappresentati tutti, oro escluso, da diritti di credito e dall’altra i passivi cioè i debiti. In caso di catastrofe finanziaria, l’insolvenza dei secondi annullerebbe il valore dei primi ad eccezione di uno solo: l’oro, l’unico attivo, nel consolidato, a sopravvivere alla bancarotta globale e a ristabilire la liquidità.

A differenza dei crediti che possono svanire perché coincidono con le passività di terzi insolventi, l’oro resta sempre in esistenza. Se questo si verificherà, domani, fra qualche anno o fra dieci anni, sarà la Cina a dettare le regole di un nuovo assetto monetario per esercitare una leadership simile a quella che ebbe l’Olanda nel XVIII secolo, l’Inghilterra nel XIX e gli USA fino al 1971, che si basarono tutte sul sistema aureo. Nel XX secolo il sistema monetario internazionale ha subito tre shock: nel 1914, nel 1939 e nel 1971, ogni volta che l’oro ne è stato rimosso. È iniziata la fase terminale di quello attuale? L’assorbimento sistematico dell’oro da parte di una metà del mondo che è creditrice dell’altra metà avvalora l’ipotesi.

Soltanto la Cina ha accumulato tre trilioni di riserve nella forma di titoli di credito in dollari la cui esposizione al rischio di svalutazione è enorme. Ci sarebbe un solo modo per scongiurare la catastrofe: ricapitalizzare con l’oro tutto sistema bancario. Eppure quello occidentale continua a sopprimerne il prezzo per paura che i rialzi minino la fiducia nelle valute sulle quali è stato eretto il castello di carte dell’economia. Ma truccando un barometro non si scongiura una tempesta imminente perché, come si capirà nel proseguo, il prezzo dell’oro non ha nulla a che fare con il suo valore.

L’ironia è che il dumping sul metallo consente all’Asia di comprarlo a prezzo scontato. Ma i fautori del sistema aureo vengono ancora dileggiati come “metallisti” il che riflette solo l’avversione ideologica dei suoi detrattori. Per Lenin l’oro doveva servire a piastrellare le latrine e per Keynes era un feticcio da eliminare per salvare il capitalismo. Questa propaganda ha contagiato generazioni di economisti che senza peritarsi di studiare la storia, inebetiti dalle parole d’ordine della macroeconomia, hanno ripetuto come pappagalli tutti luoghi comuni sulla circolazione aurea, riconducibili a due convinzioni: la sua insufficienza a soddisfare le esigenze di economie sviluppate e il suo pernicioso potere deflazionistico (ma allora la crisi attuale, in sua assenza, da che cosa sarebbe determinata?). Non solo i governi hanno rimosso l’oro dal sistema monetario ma anche dalla mente degli economisti il cui deficit di conoscenza sull’argomento è spaventoso. I cinesi avrebbero il diritto di rivolgere loro l’aforisma di Ludwig Wittgenstein: “su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere”.

I fondamentali dell’oro
L’obiezione immediata alla tesi dell’insufficienza dell’oro nel regolare gli scambi è che ignora la teoria del valore. Se la sua quantità fosse espandile a piacere il metallo cesserebbe di far parte dei beni economici caratterizzati dall’utilità e dalla scarsità in rapporto ai bisogni. Il valore dell’oro è elevato in ragione di questa sproporzione. Ma non è esattamente la teoria della domanda ed offerta, convenzionalmente intesa, a spiegarne il valore. Un bene funge da moneta se è mezzo di pagamento, ha valore stabile ed è sufficientemente elastico da proporzionarsi al volume degli scambi. Ora l’oro ha una prerogativa che nessun altro bene possiede: non è scarso come si crede ma è la sostanza più abbondante della terra e allo stesso tempo di valore più stabile. Come è possibile? Il valore di qualsiasi bene deriva dal rapporto tra stock esistente (offerta) e nuova produzione. Per prodotti come rame e ferro, ad esempio, questo rapporto è pari a 0,25 il che significa che lo stock è equivalente a tre mesi di produzione, scorta necessaria per far fronte alle esigenze del consumo industriale. Nel caso dell’oro il rapporto è enormemente superiore, pari a 65, il che significa che ci vorrebbero 65 anni di estrazione al ritmo corrente per ottenere tutto l’oro attualmente in esistenza, stimato in 170.000 tonnellate. La produzione dell’oro a differenza degli altri metalli non viene tutta assorbita dall’industria ma è tesaurizzata e lo stock esistente in superficie è sempre sovrabbondante rispetto alla nuova produzione che si aggira sulle 2500 tonnellate annue, irrisoria rispetto all’offerta (1.5%). Se quella del ferro e del rame fosse un multiplo così elevato rispetto alla produzione, il loro prezzo crollerebbe perché la quantità sopravanzerebbe di gran lunga la domanda. Ma questo non accade per l’oro perché, a differenza di tutti gli altri beni, ha un’utilità marginale praticamente costante, cioè all’aumentare dell’offerta il suo valore non diminuisce. Più precisamente: ogni grammo aggiunto ad una scorta esistente non diminuisce il valore di tutti i grammi della scorta e questo fenomeno sta a significare che la sua utilità marginale (l’utilità di ogni incremento), non diminuisce al crescere della quantità posseduta. Ogni ulteriore grammo d’oro mantiene la stessa utilità di quelli già presenti nella scorta mantenendo  l’utilità sempre proporzionale alla quantità. L’oro e’ l’unica sostanza al mondo ad avere questa proprietà ed è per questo che è diventata moneta per eccellenza. Per concludere: il valore dell’oro si basa sul rapporto stock produzione. L’oro vale perché la sua produzione annua è irrilevante rispetto allo stock esistente. Tutti i beni con questa caratteristica hanno un valore di scambio elevato cioè al crescere della quantità l’utilità marginale rimane stabile rispetto a quella degli altri beni; il loro valore è il meno variabile e pertanto hanno la proprietà latente di diventare moneta cioè prezzo e potere di acquisto di tutti gli altri beni.

Il valore dell’oro
Il grande economista austriaco Carl Menger (1840- 1921) la cui pietra tombale avrebbe meritato lo stesso epitaffio di quella di Isaac Newton, “Humani generis decus”, nello sviluppare la teoria del valore descrisse l’origine della moneta come la ricerca e selezione della sostanza più vendibile. Il grado di vendibilità, equivalente a quello di liquidità, è sinonimo di utilità marginale praticamente costante e ogni bene con questa caratteristica si candida ipso facto a diventare strumento monetario. Nei campi di concentramento le sigarette erano moneta proprio per questo motivo. Un bene diventa moneta in virtù delle preferenze del pubblico nell’assegnargli un’utilità marginale costante, non in virtù di un atto d’imperio. Ai governi spetta solo sancire questa prerogativa attribuitagli dal mercato spontaneo. Un bene di caratteristiche monetarie diventa liquido, trasferibile e tesaurizzabile. L’uomo della strada che non ha una conoscenza teoretica del valore ma ne ha l’istinto, non tesoreggerebbe mai un bene la cui utilità marginale decresca rapidamente come avviene per i beni ordinari, ad es. l’acqua. A meno naturalmente di non trovarsi nel deserto. Nell’antichità la moneta era rappresentata dal sale e dal bestiame. Non è difficile scoprirne il motivo. Il sale era l’agente di conservazione degli alimenti che manteneva “stabile” il loro valore nel tempo. Da cui il termine salario. Il bestiame (pecus, da cui la parola pecunia) caratterizzato dalla naturale mobilità nello spazio e dal basso costo unitario lungo le grandi distanze, veniva trasferito dove si verificavano le carestie per fronteggiare la scarsità e rendere “liquidi” i valori. Al pari dell’oro, non si verificavano surplus di sale o di bestiame che ne avrebbero destabilizzato il valore e il motivo è sempre da ricercarsi nel rapporto tra quantità esistente e nuova produzione.
Trasferibilità nel tempo, mobilità nello spazio con minime perdite di valore e liquidità sono attributi monetari. Non esistono surplus o deficit d’oro. La quantità esistente è sempre sufficiente a soddisfare la domanda perché lo stock del bene non è assorbito dalla produzione e rimosso dal mercato come altre materie prime ma serve allo scambio, a far circolare tutti i beni esistenti.

Scarsità fisica ed economica
L’oro è il bene fisicamente meno scarso della terra. Ma non lo è economicamente, cioè in rapporto agli altri beni. Per ottenerlo bisogna cedere ricchezza in altra forma. Per produrlo, occorre capitale, lavoro e tecnologia che i proprietari di miniere sono disposti ad impiegare solo in cambio di altri beni e servizi. Non accade così per la moneta creditizia: il costo di produzione di uno, cento o un miliardo di euro o dollari è sempre lo stesso perché è una semplice registrazione contabile nel computer di una banca. Ma produrre una, cento, o migliaia di once richiede, al pari di ogni altra ricchezza, l’impiego proporzionale di fattori produttivi. L’oro è la ricchezza che va prodotta per essere permutata contro ogni altra ricchezza. Inoltre, è una merce il cui valore intrinseco non può mai essere a lungo né superiore né inferiore a quello del suo uso monetario. Se non lo fosse e ad esempio il valore del metallo risultasse superiore a quello della moneta coniata converrebbe fonderla per ricavarne il metallo di maggior valore. Se avvenisse il contrario, converrebbe vendere il metallo e coniare monete. Ma questi arbitraggi ristabilirebbero immediatamente l’equilibrio perché facendo l’una cosa o l’altra, per la legge della domanda e offerta, si ritornerebbe all’eguaglianza di valore fra i due beni. L’oro, pertanto, non può essere oggetto di bolle inflazionistiche che sono, per definizione la conseguenza di una quotazione esagerata di beni al di sopra del loro valore intrinseco.

Il gold standard
Il principio fondamentale del sistema a base aurea è che l’unità monetaria è uno specifico peso d’oro e le valute circolanti sono la denominazione di questo peso certificato dai governi. L’oro non garantisce la moneta: è la moneta stessa, il mezzo di pagamento universale e di conservazione di tutti i valori. Il cambio tra due valute è il rapporto fra le quantità d’oro che contengono e questo cambio si dice “alla pari”. Nei primi anni del secolo XX, ad esempio, la pari tra sterlina e dollaro era 4.86 perché la prima conteneva 113 grani d’oro fino e il secondo 23,22. Tuttavia ai fini del sistema aureo non occorre la circolazione effettiva di monete d’oro, potendo queste essere surrogate dalle valute come titoli di credito convertibili a prima richiesta nelle prime e purché il valore della loro emissione sia equivalente a quello dell’oro coniato. L’assenza di questa condizione spingerebbe a contraffare la circolazione che, per funzionare, richiede solo quella quantità d’oro necessaria a saldare i debiti. Questa quantità è la riserva aurea e il compito e l’abilità di una banca centrale sta nel tenerne una proporzione minima rispetto al circolante economizzando così l’oro. Per cui è inesatta la dottrina che propone il 100% di riserva aurea. L’essenziale è che quest’ultima e il medio circolante realizzino sempre l’equilibrio finanziario, cioè l’equivalenza tra debito (credito) creato e debito (credito) estinto.

Vita e morte del denaro
Da qui la differenza abissale tra un sistema monetario basato sull’oro e quello basato sulla moneta emessa dalle banche centrali che non può realizzare questo equilibrio per cui il sistema dei pagamenti di cui è base è perennemente insolvente. Essa è infatti uno strumento di credito, uno standard di pagamento incapace di compiere la funzione più importante inerente alla moneta aurea: estinguere i debiti in via definitiva. Il credito infatti è un diritto al pagamento e il debito un’obbligazione al pagamento. Ma entrambi non sono “il pagamento”. Fondamentalmente quest’ultimo è cessione di ricchezza. L’oro salda i debiti e rimborsa i crediti perché è l’equivalente di ogni ricchezza ceduta o acquistata. Se il medio circolante è credito e il debitore è insolvente, la quantità corrispondente all’insoluto deve essere rimossa dalla circolazione. Pertanto, se è vero che la moneta creditizia può essere emessa senza limiti perché svincolata dal costo di produzione, è altrettanto vero che durante una crisi di insolvenza viene distrutta senza limiti. Paradossalmente è la sua mancanza di vincoli a renderla scarsa. Poiché l’oro, come abbiamo visto, resta sempre in esistenza, la liquidità non scompare mai. Per questo rappresenta l’antidoto alla deflazione, purché non se ne manipoli il prezzo. Infatti la quotazione al di sopra o al di sotto del cambio alla pari, ne provocherebbe, come per qualsiasi altro bene, scarsità o surplus. Nel primo caso si avrebbe deflazione, nel secondo, inflazione. La caratteristica del prezzo dell’oro in un contesto manipolato è la volatilità, quella del suo valore, la stabilità. Il primo non ha nulla a che fare col secondo.
La circolazione aurea, quindi, è la più efficiente e la più elastica in assoluto perché ne è necessaria una quantità minima per servire il maggior numero di transazioni e allo stesso tempo regolare i pagamenti in via definitiva. Senza la presenza dell’oro i crediti non vengono mai riscossi e i debiti mai pagati, entrambi si cumulano senza più alcun rapporto con una base di ricchezza esistente, fino alla brusca svolta, quando la liquidità scompare di colpo. Nei momenti di crisi tutti i valori si rapportano a quello dell’oro che, diventando comparativamente superiore agli altri, emigra dove è maggiormente valutato. Questo spiega il suo esodo verso l’Asia e si capisce come, ad onta di tutte le manipolazioni, sia rimasto il fondamento occulto del sistema monetario internazionale.